La Banca centrale europea non ha modificato la politica monetaria: gli acquisti di titoli di Stato proseguiranno almeno fino alla fine dell’anno e i tassi restano invariati. Anche se riduce a 60 miliardi al mese il ritmo degli acquisti di titoli da aprile a dicembre, dagli attuali 80 miliardi di euro. Nonostante l’inflazione in ripresa e le pressioni di Berlino (in particolare da parte del ministro delle Finanze Schaeuble) per una politica meno espansiva, Mario Draghi non si fida: “La ripresa sta prendendo ritmo”, dice. Ma sono ancora troppe incognite sull’Europa del dopo Brexit. Lo staff della Bce – scrive oggi il Sole 24Ore – ha rivisto al rialzo le stime di inflazione per il 2017 da 1,3 a 1,7% e di poco (da 1,5 a 1,6%) quelle per il 2018, mentre ha lasciato invariata all’1,7% la stima per il 2019. L’annuncio ha permesso all’euro di raggiungere i suoi massimi settimanali sul dollaro (Ft).

Il presidente della Bce ha risposto anche ad alcune domande più politiche dei giornalisti. Per quanto riguarda il surplus commerciale tedesco, sottoposto a forti critiche da parte di Donald Trump, Draghi ha affermato di non vedere alcun motivo per attaccare la Germania, ribadendo che l’euro non è affatto una valuta manipolata. Sull’avanzata dei partiti euro-scettici ha detto che non è il caso di fasi prendere dall’ansia e ha ribadito ancora una volta che l’euro è irrevocabile: “L’euro è qui per rimanere. La domanda non è se è irrevocabile, lo è. Piuttosto si tratta di fare in modo che aumenti la prosperità, far funzionare meglio quest’unione monetaria”, aggiungendo che sul fronte delle riforme istituzionali “i presupposti sono ora in favore di un miglioramento più che in qualsiasi altro momento”. Inoltre ha sottolineato, citando i dati dell’Eurobarometro, che “oltre il 70% della popolazione dell’Eurozona è a favore della permanenza nell’euro, e la percentuale è in rialzo”. Ha infine lanciato un severo monito nei confronti dei leader politici: le elezioni non devono essere usate come una scusa per non fare le riforme. Questo anche perché c’è il rischio che la mancanza di convergenza nel Vecchio Continente possa diventare un problema soprattutto quando lo stimolo del Qe finirà insieme agli effetti della Brexit, che nel medio periodo saranno più negativi di adesso e all’incertezza politica domestica.

(Sebastiano Catte, com.unica 10 marzo 2017)