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La prima cosa ad essere avvolta dalle fiamme e completamente distrutta fu l’aula dei deputati. Tranquilli, l’aula in questione è quella della sede del Parlamento tedesco, il Reichstag, distrutto da un incendio nella notte del 27 febbraio 1933. Ad appiccare il fuoco fu un giovane militante comunista di origine olandese, tale Marinus van der Lubbe che fu colto sul fatto mentre godeva a guardare l’enorme rogo che il gesto aveva prodotto.

L’incendio del Reichstag viene generalmente indicato come il consolidamento al potere di Adolf Hitler e l’inizio del III Reich. In realtà diede l’avvio alla repressione dei partiti di opposizione al nuovo corso della Germania hitleriana e alla messa al bando del Partito comunista tedesco. Naturalmente si fece largo la teoria del complotto che voleva nello stesso Hitler il mandante di quel disastro e in Goering l’uomo che aveva fornito i fiammiferi al comunista Van de Lubbe. Eppure il giornale dell’internazionale comunista Prometeo scrisse nel n. 95 del 12 novembre 1933 queste parole: “ Se van der Lubbe è un esaltato, per parte mia vorrei che i trecentomila iscritti al P.C.T. fossero degli esaltati. …Van der Lubbe è un rivoluzionario che non ha fatto che cercare di forzare la situazione. Il fatto che non ci sia riuscito, è un altro conto”.

Comunque sia, Marinus van der Lubbe, un povero operaio dalla vita difficile che aveva tentato senza riuscirci di espatriare nella Russia sovietica fu giudicato colpevole dal Tribunale di Lipsia e condannato a morte. La sentenza fu eseguita nonostante che all’epoca dell’incendio del Reichstag la pena di morte non fosse in vigore. Morirà a soli 25 anni e almeno eviterà di vedere le fiamme che partendo dal rogo di quel 27 febbraio 1933 bruceranno l’Europa.

(Franco Seccia/com.unica, 27 febbraio 2019)