[ACCADDE OGGI]

“… non c’è una inquadratura girata col sole: la luce è sempre quella dell’inverno con le nuvole alte e compatte, che, a loro modo, sono assolute come il sereno. …” È  il commento di P.P. Pasolini al film “Gli Ultimi” di Vito Pandolfi su soggetto di  David Maria Turoldo, padre Davide Maria dei “servi di Maria”, al secolo Giuseppe Turoldo morto il 6 febbraio 1992.

Ma il sole non poteva esserci; non c’era il sole mai in quella sua Coderno di Sedegliano, terra poverissima del Friuli dove padre Davide Maria nacque, nono di dieci figli, di una famiglia contadina, umile e molto religiosa. Una famiglia che viveva “la miseria con dignità e non rassegnazione”, una storia di vita che farà scrivere il racconto “Io non ero un fanciullo” di Davide Maria Turoldo che poi sarà il film “Gli Ultimi”.

Il non fanciullo Giuseppe a soli tredici anni si avvia sulla strada della religiosità per diventare un “servo di Maria” per la gioia di quella sua poverissima famiglia che tutti i giorni si riuniva intorno ad una tavola spoglia e pregava il Signore ringraziandolo anche per quello che non avevano. Era il loro modo di credere in una Chiesa che amava gli ultimi e che tutti accoglieva. E questo fu il comandamento di don Davide Maria in tutto l’arco della sua vita sacerdotale.

Pensò, scrisse e predicò un cattolicesimo fuori e lontano dai partiti, una Chiesa aperta ai bisogni della gente, una Chiesa dove “l’Uomo realizzasse la propria umanità come vero ed unico scopo della vita” e dove gli ultimi fossero i primi. Pagò queste sue convinzioni con l’esilio e l’allontanamento dall’Italia ma fu sempre ubbidiente verso i propri superiori che non potevano sottovalutare le numerose opere caritatevoli da lui intraprese. Nutrì una grande passione per il cinema e fortificò la sua indole poetica con opere premiate e riconosciute quali veri capolavori lirici. Pochi giorni prima di morire, nell’omelia domenicale don Davide Maria si rivolse ai fedeli dicendo: “la vita non finisce mai!”. Ai suoi funerali accorsero in migliaia per dare il loro saluto a questo prete liberale.

(Franco Seccia/com.unica, 6 febbraio 2020)