Hillary Clinton lo ha chiamato e ha ammesso la sconfitta

Donald J. Trump è il 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America. Hillary in un primo momento non ha riconosciuto la sconfitta e ha chiesto al capo del suo staff elettorale John Podesta di dire ai militanti radunati al Javits center di New York di andare a dormire perché ci sarebbero state ancora molte schede da contare. Ma subito dopo, quando il quadro è apparso più chiaro, Hillary ha telefonato a Trump riconoscendo la sconfitta.

Nel corso della notte italiana la mappa elettorale si è tinta a poco a poco di rosso. Il tycoon newyorkese ha conquistato Stati chiave come la Florida, l’Ohio e il North Carolina e si trova in vantaggio contro ogni pronostico  in regioni industriali, tradizionalmente democratiche, come il Michigan, il Wisconsin e la Pennsylvania. Al momento – sottolinea la Cnn – Donald Trump e Hillary Clinton hanno vinto negli Stati dove si prevedeva che avrebbero prevalso, ma il candidato repubblicano ha conquistato due importanti “battleground states” come Ohio e North Carolina, si è preso il Texas, tutto il centro, quasi tutto il sud e sta ottenendo risultati migliori rispetto alle aspettative.

Un Paese profondamente diviso nel voto, anche tra uomini e donne: gli exit polls dimostrano che la Clinton vince di 12 punti tra le donne, Trump di 12 punti tra gli uomini. È il più grande gap dal 1976. Le minoranze afro-americana, ispanica e asiatico-americana hanno appoggiato la Clinton, ma non quanto sostennero Barack Obama quattro anni fa. Mentre Trump ha fatto meglio dei predecessori tra i bianchi poco istruiti. Lo stesso Barack Obama, che negli ultimi giorni si è speso moltissimo in favore di Hillary, forse fiutando le difficoltà della candidata democratica, in un video pubblicato da Buzzfeed su Twitter aveva detto: “A prescindere da quello che succederà, il sole sorgerà al mattino e l’America rimarrà ancora la più grande nazione del mondo”.

L’avanzata del candidato repubblicano ha rappresentato uno scenario non previsto dagli investitori che avevano scommesso su Hillary Clinton, e ha di fatto mandato in tilt i mercati, che proprio ieri avevano segnato una crescita di segno opposto dopo la pubblicazione di sondaggi nettamente favorevoli all’ex Segretario di stato. In forte flessione gli indici asiatici, affondano Tokyo e Hong Kong e i futures di Wall Street. Lo yen e l’euro si rafforzano sul dollaro, mentre il peso messicano crolla e tocca il minimo storico. Un altro segnale di panico dei mercati è l’apprezzamento dell’oro, mentre cala la quotazione del petrolio. La Federal Reserve nel meeting di dicembre probabilmente non aumenterà il costo del denaro, com’era scontato che facesse.

Sui media cominciano a interrogarsi quegli analisti di fede democratica che non avevano previsto uno shock così forte e, pur allarmati dal successo di Trump, non ritenevano tuttavia credibile la prospettiva di vederlo a capo della Casa Bianca. “La gente come me non capisce il Paese in cui vive”. È questa in sintesi l’ammissione espressa dall’economista di fede democratica Paul Krugman sul New York Times di oggi e che è in un certo senso rappresentativa di questo comune sentire della classe intellettuale liberal. “Abbiamo pensato che la nazione, pur lungi dall’aver superato i pregiudizi razziali e la misoginia, fosse diventata molto più aperta e tollerante nel corso del tempo – scrive Krugman. “Abbiamo pensato che la grande maggioranza degli americani avesse valutato positivamente le norme democratiche e dello stato di diritto. Scopriamo invece che abbiamo sbagliato”. In molti si chiedono con angoscia se l’America come Stato e come società abbia fallito. “Ora è il momento di tirarci su e cercare di trovare una via d’uscita, ma questa è stata una notte di terribili rivelazioni, e io non credo che sia auto-indulgente avvertire un bel po ‘di disperazione” conclude Krugman.

(com.unica, 9 novembre 2016)