Ieri una cellula dormiente dei miliziani dello Stato islamico ha attaccato Kirkuk, città a circa 150 km di Mosul, in Iraq. Almeno 16 lavoratori sono stati uccisi da tre kamikaze in una centrale elettrica, un cecchino ha ucciso un giornalista di una rete locale e ostaggi sono stati presi in una moschea. Gli scontri sono continuati anche dopo il tramonto. L’obiettivo strategico degli jihadisti è quello di creare un altro fronte per deviare le forze irachene e curde dall’offensiva contro Mosul.

Dopo gli attacchi Kirkuk è stata completamente isolata: le forze Peshmerga non consentono l’ingresso a nessuno ai check point di ingresso nella città irachena, dove c’è il coprifuoco. Nella parte settentrionale della città centinaia di camion formano una coda di 5 chilometri, mentre vengono lasciati entrare solo mezzi carichi di rinforzi militari. I media curdi hanno subito trasmesso le immagini degli attacchi agli edifici governativi che mostrano i blindati dell’esercito iracheno in azione ”per eliminare i terroristi”. Sembra che un gran numero di jihadisti dell’Isis sia ancora asserragliato all’interno di una scuola.

Dall’Onu intanto arriva l’allarme riguardante la sorte dei civili. È il caso di 550 famiglie di villaggi nei pressi di Mosul, costrette a raggiungere la città irachena, verosimilmente per usarli come scudi umani. L’Onu è “gravemente preoccupato” per le notizie secondo le quali di fronte all’avanzata delle forze irachene a Mosul, l’Isis trattiene civili nei pressi dei propri uffici o altri luoghi dove si trovano i suoi combattenti, ha detto la portavoce dell’Alto commissariato Onu per i diritti umani, Ravina Shamdasani.

(com.unica, 22 ottobre 2016)