Recenti studi della University of California San Diego School of Medicine dimostrerebbero tale tesi

Il senso di solitudine avvertito non occasionalmente ma frequentemente ed in maniera predominante, quasi ossessiva, da talune persone rispetto ad altre, risulterebbe essere determinato “in parte”, da una particolare predisposizione genetica.

E’ un dato scientifico emerso da alcuni studi della University of California San Diego School of Medicine, effettuati dapprima su un campione di bambini e successivamente su 10.760 persone dai 50 anni in su.

Analizzando le risposte alla domanda: “Quante volte ti sei sentito messo da parte, isolato o senza persone vicino?”, gli studiosi hanno verificato come in un campione di individui sottoposti a esperimento, ognuno di loro avvertisse diversamente “il senso di solitudine”. Alcuni cioè, si sentivano soli anche in presenza di un numero discreto di amici o famigliari; tutto ciò a conferma del fatto che le sensazioni e quindi il proprio punto di vista sul nucleo famigliare e l’ambito sociale di cui facevano parte, poteva essere completamente diverso. L’influenza esercitata dal fattore genetico, il nostro DNA, è risultata essere pari al 14-27%, una percentuale considerevole anche se non determinante.

A questo punto, se l’ambiente costituisce il fattore influente più determinante per il concretizzarsi della sensazione di isolamento da cui potremmo distaccarci o meglio, schermarci, quante possibilità ha l’individuo, di mutare una predisposizione genetica che lo “accompagna” dalla nascita e lo può condannare alla sua solitudine?

(Simonetta Pietrangeli/com.unica, 26 settembre 2016)