Un articolo del Guardian smentisce le previsioni più fosche che alla vigilia del referendum davano per scontato un tracollo economico dell’Inghilterra.

Non c’è stata alcuna invasione di cavallette e di alieni sulle coste della Manica. Gli scenari apocalittici che prevedevano per il post-Brexit nel Regno Unito il crollo dei mercati finanziari, una disoccupazione alle stelle e una profonda recessione, sono stati smentiti dai dati sull’economia reale. Lo documenta molto efficacemente un’analisi pubblicata nei giorni scorsi dall’autorevole “The Guardian” a firma Larry Elliott. L’aumento di luglio dell’1,4% delle vendite al dettaglio – scrive il quotidiano londinese – dimostra che i consumatori non hanno smesso di acquistare, e sembra influenzato più dal tempo atmosferico che dalla paura delle conseguenze di quanto è accaduto il 23 giugno.

Dai mercati finanziari arrivano segnali rassicuranti, con i prezzi delle azioni molto vicini ai massimi storici mentre i fondi pensionistici e le compagnie di assicurazione si tengono ben stretti i titoli di stato del Regno Unito. Smentite anche le previsioni degli economisti della City che avevano dato per certo un immediato aumento nelle richieste dei sussidi di disoccupazione in luglio. “Nemmeno questa previsione si è avverata” – scrive Elliott e i numeri di questa settimana mostrano che, invece dell’aumento di 9.000 unità previsto, si è registrato un calo di 8.600 unità.

Certo è necessario adoperare tutte le cautele del caso, anche perché i dati sono ancora incompleti e i sondaggi avevano indicato ancora un possibile rallentamento dell’economia nella seconda metà del 2016. Quindi la Brexit potrebbe avere effetti negativi più lenti a manifestarsi, con impatti visibili solo nei mesi e anni a venire.

“Ma è ormai evidente che il cielo non è caduto sulla terra a causa del referendum, e quelli che sostenevano che sarebbe accaduto sembrano ora un po’ sciocchi” – scrive ancora il Guardian. Secondo l’ex cancelliere dello scacchiere e deputato conservatore George Osborne l’Inghilterra avrebbe dovuto varare un budget di emergenza per coprire un buco nero delle finanze pubbliche causato da un’economia in caduta. Il budget di emergenza è scomparso, così come Osborne.

Da quello che si può vedere, c’è stato un momento di apnea collettiva immediatamente dopo il voto, ma poi i consumatori hanno ripreso la vita di prima. Gli ultimi sondaggi mensili sull’umore delle famiglie ha visto un forte calo dell’ottimismo a luglio, seguito da una rapida ripresa in agosto. John Lewis e Next – due leader delle attività commerciali – dicono che il commercio non è stato influenzato dalla Brexit. Questo non significa che va tutto fili liscio. L’Inghilterra ha profondi problemi economici strutturali che dovranno essere risolti dentro o fuori dall’UE. Gli investimenti sono deboli, la produttività è piatta fin dalla recessione, la crescita dei redditi si è dimezzata dai livelli pre-crisi del 4-5% e, salvo i periodi di guerra, la bilancia dei pagamenti non è mai stata così in rosso.

Per altri versi tuttavia la Brexit si è rivelata stato un fatto positivo. “Ha indotto il governo ad analizzare bene l’economia inglese – una cosa che non sarebbe successa senza lo shock del referendum. È venuto a galla che molti inglesi non credono alla narrazione economica che hanno portato avanti gli ultimi governi”. Inoltre, continua Elliott “Il governo ha reagito alla Brexit rallentando l’austerità, prendendo in considerazione di aumentare la spesa in infrastrutture e impegnandosi nel progettare una strategia industriale. Occorre qui un certo grado di scetticismo. Il referendum ha reso possibile il cambiamento, ma non ha garantito la sua buona riuscita. Rimane da vedere quante strade e ferrovie saranno costruite, o se la strategia industriale sarà qualcosa di più di un nuovo nome per il dipartimento di business di Whitehall. Quando il 23 di giugno ho votato Brexit l’ho fatto per tre ragioni: perché quello dell’Unione Europea è un progetto fallito; perché l’Europa si sta muovendo in una direzione sempre più spedita di mercato libero; e perché la consideravo un’arma importante per spezzare lo status-quo. Ci vorrebbe una recessione molto profonda e prolungata per farmi pentire della mia scelta. E una prospettiva del genere sembra ancor più remota di quanto sembrasse 8 settimane fa”.

(com.unica/26 agosto 2016)

Fonte: Guardian del 20 agosto 2016