Per quasi tutta la notte sembrava che il golpe intentato dai colonnelli dell’esercito turco – il quinto nella storia del Paese – fosse andato in porto. Una frangia dell’esercito turco appoggiata da altri militari ha chiuso infatti l’accesso a due ponti sul Bosforo a Istanbul. Colpi di arma da fuoco sono stati sentiti ad Ankara, mentre elicotteri militari hanno sorvolato la capitale turca. Alcuni uomini in divisa hanno quindi fatto irruzione nella sede della tv statale turca interrompendo le trasmissioni e l’accesso ai social network. E’ stato bloccato anche l’aeroporto di Istanbul. Secondo l’agenzia Anadolu a guidare l’operazione è stato l’ufficiale dell’esercito Muharrem Kose, rimosso nello scorso mese di marzo dall’incarico.

Nella capitale è scattato subito l’allarme e i militari lealisti, appoggiati da molti cittadini, si sono organizzati e sono scesi nelle strade della città e in molte altre province per respingere i soldati anti-Erdogan che avevano pianificato il golpe. La resistenza ha avuto successo: oltre 700 militari golpisti sono stati arrestati e il capo dello Stato Erdogan (in vacanza a Bodrum) è riuscito ad atterrare a Istanbul: “Sono ancora il presidente” – ha subito fatto sapere in una conferenza stampa indetta subito dopo il suo arrivo. “Hanno organizzato un attentato all’unità, alla solidarietà e alla sovranità nazionale. Si è trattato di un tentativo di rovesciare lo Stato e la volontà popolare” ha aggiunto. E’ stata un po’ una lotta contro il tempo, il golpe è fallito perché i ribelli non sono stati in grado di impedire a Erdogan di tornare ad Ankara e quindi di riprendere il controllo del potente apparato a lui fedele.

Il bilancio degli scontri a fuoco è di 60 morti, tra cui 17 poliziotti, in gran parte ad Ankara. Ha fatto sentire la sua voce anche il premier Yildrim: “Pagheranno un prezzo molto alto, un Paese democratico non permetterà azioni del genere”.

Barack Obama si è schierato al fianco del presidente, e ha dichiarato che va sostenuto “il governo turco democraticamente eletto”. Il presidente Usa si è appellato “per scongiurare le violenze e bagni di sangue”. Pro Erdogan anche Angela Merkel, sia pure con una certa cautela: “L’ordine democratico deve essere rispettato”, ha dichiarato il suo portavoce. Dal Cremlino è invece arrivato un comunicato in cui si esprime “profonda preoccupazione per le notizie che provengono dalla Turchia”.

(com.unica, 16 luglio 2016)