Il mito di Marilyn Monroe è intramontabile, come la sua bellezza. L’icona per eccellenza della femminilità avrebbe compiuto pochi giorni fa novant’anni, ma il suo fascino non accenna a diminuire.

Proprio come le vere dee Marilyn Monroe ha ricevuto il dono dell’eterna giovinezza. Nella notte tra il 4 e il 5 agosto 1962 Marilyn si toglie la vita nella sua casa di Brentwood, un distretto di Los Angeles, ingerendo una dose fatale di barbiturici. Aveva 36 anni. Il tempo da allora per lei non è passato. Se oggi fosse viva avrebbe 90 anni, eppure per tutti Marilyn è ancora quell’angelo biondo che nel film Quando la moglie è in vacanza è sulla griglia di aerazione con il vento che le solleva il vestito. Marilyn ha stregato il mondo. È la vera star di Hollywood, sex symbol senza tempo, diva e icona che ha fatto sognare intere generazioni e conquistato milioni di ammiratori, rapiti da quel suo essere fragile e vulnerabile, provocante e divertente.

Non è semplicemente una questione di bellezza e seduttività, Marilyn è irresistibile, è spiritosa, spontanea al limite dell’ingenuità. Scrisse di lei Karen Blixen nel 1961: «Marilyn non può non avere un effetto travolgente su chiunque la veda per la prima volta. Non perché è bella – anche se di una bellezza quasi irreale, ma perché è anche radiosa, di una vitalità sconfinata e di una specie di incredibile innocenza. Tutte cose che ho visto una volta in un cucciolo di leone che mi avevano portato i miei domestici africani. Non lo tenni con me, sentivo che non sarebbe stato giusto… Non dimenticherò mai l’insopportabile sensazione di forza indomabile e di dolcezza che trasmetteva. Tutta la natura selvaggia dell’Africa mi guardava fisso negli occhi con un’aria terribilmente e gentilmente birichina». Per Billy Wilder, che la dirige in Quando la moglie è in vacanza e A qualcuno piace caldo, Marilyn è «Geniale». Ma Marilyn è anche tormentata, scostante, triste.

Nata Norma Jeane Baker nel 1926, vive un’infanzia difficile, segnata dalla malattia della madre e dai continui abbandoni delle famiglie affidatarie. Arriva al successo dopo una lunga gavetta. Nel 1952, agli inizi della sua carriera cinematografica, Marilyn posa nuda per un calendario. Piovono critiche, ma lei è lapidaria: «Avevo fame». Questo basta a riportare il pubblico dalla sua parte. La consacrazione arriva con il thriller Niagara, seguito da Gli uomini preferiscono le bionde, Come sposare un milionario, Fermata d’autobus, A qualcuno piace caldo che le regala il Golden Globe come miglior attrice.

Si sposa per la prima volta a soli 16 anni, in modo da non dover tornare in orfanotrofio. Nel 1954 su tutti i rotocalchi non si parla d’altro se non del secondo matrimonio della Monroe con il campione di baseball Joe Di Maggio. Un matrimonio lampo: dopo soli 9 mesi Marilyn chiederà il divorzio per crudeltà mentale, consumata dalla morbosa gelosia di Di Maggio, che ormai aveva fatto il giro del mondo dopo la lite davanti a centinaia di fan, filmata in Lexington Avenue a New York il 15 settembre, proprio mentre Marilyn sta girando la famosa scena sulla grata con la gonna alzata dall’aria della metropolitana. Poi Marilyn si innamora perdutamente del drammaturgo Arthur Miller e dell’idea di costruire quella famiglia che non aveva mai avuto. Tre aborti dopo anche il matrimonio con Miller è naufragato. Lei è sempre più disperata e abusa di alcool e psicofarmaci.

La lista dei suoi amori, veri o presunti, è interminabile: da Frank Sinatra a Marlon Brando, fino ai fratelli Kennedy. Gli ultimi anni di Marilyn sono un susseguirsi di alti e bassi. C’è un nuovo contratto con la 20th Century Fox interrotto, a metà delle riprese della pellicola Qualcosa da dare, per le numerose assenze dal set. E ci sono i continui ricoveri nelle cliniche psichiatriche. Fino a quel 4 Agosto del 1962.

«Quando Marilyn morì tutti smisero di lavorare e per un giorno intero sulla faccia di tutti rimase la stessa espressione, lo stesso pensiero: ‘Com’è possibile, aveva successo, fama, ricchezza, bellezza. Com’è possibile che si sia uccisa?’ Era incomprensibile perché quelle sono cose che tutti vogliono e nessuno riusciva a credere che la vita non fosse importante per Marilyn Monroe, o che la sua vita fosse altrove», così commenta qualche giorno dopo Marlon Brando.

L’eredità che Marilyn lascia al mondo è un nome, diventato un simbolo, è un’immagine, un’icona. E’ lei, fasciata in un abito color carne tempestato di strass, che canta Happy Birthday Mr President al Madison Square Garden per John Kennedy. E’ lei, nel suo vestito da sirena fuxia, che balla Dimonds are a girl’s best friend in Gli uomini preferiscono le bionde. E’ lei, che sul set del suo ultimo film incompiuto, viene immortalata da Lawrence Schiller mentre esce nuda dalla piscina. Eternamente divina.

(Silvia Perugi/com.unica, 10 giugno 2016)