Dall’economista statunitense Jeffrey D. Sachs l’invito ai paesi più avanzati ad adottare delle politiche rivolte a favorire un inizio di vita sano per ciascun bambino del pianeta attraverso finanziamenti globali per la salute e l’istruzione.

NEW YORK – Nel 2015 all’incirca 5,9 milioni di bambini sotto i cinque anni, quasi tutti nei paesi in via di sviluppo, sono morti per cause facilmente prevenibili o trattabili. E, secondo una recente stima, 200 milioni di bambini e adolescenti non frequentano la scuola primaria o secondaria, a causa della povertà, inclusi 110 milioni nella secondaria di primo grado. In entrambi i casi, si potrebbe metter fine a questa massiccia sofferenza con una modesta somma di finanziamenti globali.

I bambini nei paesi poveri muoiono per cause come il parto in ambienti non sicuri, malattie prevenibili con vaccini, infezioni come la malaria per cui esistono trattamenti a basso costo, e deficienze nutrizionali, che sono state quasi totalmente eliminate nei paesi ricchi. In un mondo morale metteremmo il nostro massimo impegno per porre fine a queste morti.

Di fatto, gli sforzi profusi dal mondo sono stati timidi. Il numero di decessi infantili è sceso leggermente sotto la metà dei 12,7 milioni registrati nel 1990, grazie a finanziamenti mondiali aggiuntivi per il controllo delle malattie, incanalati attraverso nuove istituzioni come il Global Fund per la lotta contro Aids, tubercolosi e malaria.

Quando nel 2000 ho raccomandato per la prima volta questo fondo, gli scettici sostenevano che più denaro non avrebbe salvato più vite. Eppure il Global Fund ha dato torto ai dubbiosi: più soldi hanno evitato milioni di morti di Aids, tubercolosi e malaria. È stato ben utilizzato.

La ragione per cui i decessi infantili sono scesi a 5,9 milioni, e non a quasi zero, è che il mondo ha concesso solo la metà dei fondi necessari. Se la maggior parte dei paesi può provvedere alle proprie esigenze sanitarie con il proprio budget, i paesi più poveri non possono farlo. Basterebbero 50 miliardi di dollari l’anno di aiuti mondiali per colmare il gap di fondi. Gli attuali aiuti globali per la salute fanno girare circa 25 miliardi di dollari l’anno. Anche se questi numeri sono solo approssimativi, ci servono all’incirca altri 25 miliardi di dollari l’anno per riuscire a prevenire fino a sei milioni di morti l’anno. E non è una cosa da poco.

Simili calcoli ci aiutano a stimare i finanziamenti globali necessari per consentire a tutti i bambini di portare a termine almeno l’istruzione superiore. L’UNESCO ha recentemente calcolato in 39 miliardi di dollari il “gap di finanziamenti” relativo all’istruzione mondiale per la copertura dei costi incrementali – di aule, insegnanti e materiali – finalizzata al completamento del ciclo di istruzione superiore. Con gli attuali finanziamenti globali per l’istruzione che si aggirano attorno a 10-15 miliardi di dollari l’anno, il gap è di nuovo di 25 miliardi di dollari, simile a quello dell’assistenza sanitaria. E, come con l’assistenza sanitaria, questo incremento di finanziamenti globali potrebbe efficacemente fluire in un nuovo Global Fund for Education.

Altri 50 miliardi di dollari l’anno potrebbero aiutare a garantire ai bambini di tutto il mondo l’accesso alle cure mediche di base e alla scolarizzazione. I governi del mondo hanno già adottato questi due obiettivi – cure sanitarie universali istruzione universale di qualità – nei nuovi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

Non sarà complicato trovare altri 50 miliardi di dollari l’anno. Un’opzione ricade sul mio paese, gli Stati Uniti, che attualmente destinano solo lo 0,17% del reddito nazionale lordo (RNL) agli aiuti per lo sviluppo, o all’incirca un quarto del target internazionale di 0,7% del RNL per l’assistenza destinata allo sviluppo.

Svezia, Danimarca, Norvegia, Paesi Bassi, Lussemburgo e Regno Unito offrono ciascuno almeno lo 0,7% del RNL; anche gli Usa potrebbero e dovrebbero fare lo stesso. Se lo facessero, quell’extra 0,53% del RNL aggiungerebbe all’anno 90 miliardi di finanziamenti globali.

Gli Usa attualmente spendono circa il 5% del Pil, ovvero 900 miliardi di dollari l’anno, in spese militari (per il Pentagono, la Cia, i veterani e altro). Potrebbero e dovrebbero trasferire almeno 90 miliardi di dollari dalla spesa militare agli aiuti per lo sviluppo. Questo cambiamento di focus da guerra a sviluppo rafforzerebbe enormemente gli Usa e la sicurezza globale; le recenti guerre americane nell’Africa settentrionale e nel Medio Oriente sono costate migliaia di miliardi di dollari, eppure hanno indebolito, e non rafforzato, la sicurezza nazionale.

Una seconda opzione sarebbe quella di tassare i ricchi del pianeta, che spesso nascondono il proprio denaro in paradisi fiscali nei Caraibi e altrove. Molti di questi paradisi fiscali sono nei territori inglesi oltremare. La maggior parte di essi è strettamente connessa a Wall Street e alla City of London. Il governo americano e quello inglese hanno protetto i paradisi fiscali principalmente perché i ricchi che lì hanno nascosto il loro denaro hanno messo anche i propri soldi per contribuire alle campagne elettorali o assumere i familiari dei politici.

I paradisi fiscali dovrebbero essere invitati a imporre un’esigua imposta sui loro depositi, che totalizzerebbe almeno 21mila miliardi di dollari. I paesi ricchi potrebbero applicare questo tipo di tassa minacciando di tagliare l’accesso dei paradisi fiscali non conformi ai mercati finanziari mondiali. Ovviamente, i paradisi fiscali dovrebbero anche garantire la trasparenza e contrastare l’evasione fiscale e il segreto bancario. Anche una tassa minima sui depositi nell’ordine dello 0,25% l’anno sui 21mila miliardi di dollari di depositi raccoglierebbe circa 50 miliardi di dollari l’anno.

Entrambe le soluzioni sarebbero fattibili e relativamente semplici da attuare. Poggerebbero sui nuovi impegni globali contenuti negli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Nel recente Astana Economic Forum, il presidente del Kazakhstan, Nursultan Nazarbayev, ha saggiamente invocato una tassazione sui depositi offshore per finanziare la salute e l’istruzione mondiale. Altri leader globali dovrebbero unirsi al suo appello.

Il nostro mondo è immensamente ricco e potrebbe facilmente finanziare un inizio di vita sano per ciascun bambino del pianeta attraverso finanziamenti globali per la salute e l’istruzione. Un esiguo spostamento dei fondi dagli sprechi della spesa militare americana, o un prelievo molto modesto sui depositi dei paradisi fiscali – o misure simili per far sì che i super-ricchi facciano la loro parte – potrebbero rapidamente e drasticamente migliorare le chance di vita dei bambini poveri e rendere il mondo di gran lunga più equo, sicuro e produttivo. Non c’è più spazio per le esitazioni.

Jeffrey D. Sachs/Project-syndicate, 30 maggio 2016 

* Jeffrey D. Sachs (Detroit 1954) è un economista e saggista statunitense. Insegna Sviluppo Sostenibile e Politica e gestione sanitaria alla Columbia University di New York, dove dirige anche l’Earth Institute. Nel 2004 e nel 2005 la rivista americana “Time” l’ha inserito nella lista delle 100 personalità più influenti del pianeta.