Un’intervista alla Stampa dello studioso dell’Islam Mathieu Guidère sul tema dello jihadismo in Belgio e in Europa.

La Molenbeek di oggi? «Ha la stessa funzione della Londonistan degli Anni Novanta: è una base di supporto jihadista a livello europeo». Non ha dubbi Mathieu Guidère, franco-tunisino, specialista dell’islam e docente all’università di Tolosa. Per lui «sono due storie simili sotto molti aspetti».

In che senso?
«Per anni a Londra operava una filiera di terrorismo islamico, senza che il Regno Unito guardasse davvero in faccia questo problema. Solo dopo gli attentati del 2001, gli Stati Uniti hanno fatto pressione su Londra perché reagisse. A quel punto gli inglesi sono diventati duri con loro. Che poi hanno reagito, con gli attentati del 2005».

In Belgio è avvenuta la stessa cosa?
«In un certo senso sì. È uno Stato debole e i jihadisti hanno approfittato a lungo di questo “disinteresse” delle autorità nei loro confronti. Poi, dall’anno scorso, le cose sono cambiate, dopo gli attentati in Francia».

Cos’è successo?
«Parigi ha iniziato a fare pressione sul Belgio, perché cambiasse strategia. E andasse davvero a vedere cosa stesse succedendo a Molenbeek. Loro, con gli attacchi a Bruxelles, hanno reagito. E l’hanno fatto a maggior ragione dopo la cattura di Abdeslam.

«Per vendicarlo?
«No, per niente. Ma per mostrare che i jihadisti, quelli veri, che sanno combattere, sono ancora in giro e possono colpire quando vogliono. È stato un messaggio preciso lanciato a François Hollande e al premier belga Charles Michel, dopo che avevano annunciato la cattura di Salah con un certo trionfalismo. È come dire: “Lo avete preso, ma non serve a nulla”».

Ed è proprio così?
«In parte sì. Abdeslam parlerà, ma è una mezza calzetta all’interno di Isis. Per loro è un “fallito”, uno che non ha avuto il coraggio di fare il kamikaze. Non credo assolutamente che avesse una grossa importanza nel commando parigino. E dopo per loro non è certo diventato un eroe, anzi».

Chi ha realizzato gli attacchi di Bruxelles?
«Nel settembre 2015 lo Stato islamico ha inviato in Europa una settantina di giovani ben formati per questo tipo di attentati, approfittando dell’ondata migratoria. In parte sono morti negli attentati di Parigi o sono stati catturati. Ma la maggioranza sono ancora liberi».

Molti con un legame con il Belgio, nati lì in tanti casi, proprio a Molenbeek, e spesso di origini marocchine, è vero?
«I jihadisti di Londonistan erano prevalentemente algerini, vicini ad al Qaeda. Quelli di Molenbeek, invece, sono legati a Isis e sono perlopiù marocchini. I terroristi algerini oggi sono particolarmente forti in Africa e anche in Francia. Marocchini e algerini si sono a lungo affrontati nel traffico di droga in Europa. Adesso sono rivali nella jihad».

(Leonardo Martinelli, La Stampa 23 marzo 2016)