[ACCADDE OGGI]

Rosita Pecorelli, la sorella di Mino Pecorelli il giornalista freddato a Roma con quattro colpi di pistola la sera del 20 marzo 1979, ha raccontato che nel corso del processo a Giulio Andreotti incolpato per essere stato il mandante dell’assassinio del fratello, Andreotti l’avvicinò dicendole: “Mi è dispiaciuto molto non conoscere suo fratello, era una persona intelligente e preparata”; lei gli rispose: “Credevo avesse avuto modo di conoscerlo in occasione di una riunione Dc alla quale anche Mino partecipò?” e Andreotti: “No, non andai in quell’occasione”. Giulio Andreotti non andò a quella riunione, per sentenza definitiva assolutoria non è stato il mandante dell’omicidio di Mino Pecorelli, ma il dubbio su se conoscesse Pecorelli resta per intero. È difficile pensare, infatti, che l’avvocato Carmine Pecorelli, molisano di origine, per tutti Mino soprattutto quando abbracciò la professione giornalistica, ex capo ufficio stampa del ministro democristiano Fiorentino Sullo, con un passato di militare al servizio degli alleati nelle formazioni antifasciste e anticomuniste cattoliche, non fosse conosciuto da Giulio Andreotti nato e cresciuto nei palazzi ministeriali, quegli stessi che Pecorelli frequentava per sfornare le notizie, o se si preferisce le indiscrezioni o illazioni, che fecero la sua fortuna ma anche la sua condanna come giornalista d’assalto e direttore di giornale.

Mino Pecorelli con la sua agenzia poi divenuta settimanale di carta stampata, la famosa OP-Osservatore Politico, fu personaggio molto conosciuto e soprattutto temuto negli ambienti che contavano. I palazzi tremavano ogni fine settimana quando OP arrivava in edicola con in copertina la faccia del politico preso di mira; dalla strage di via Fani e il sequestro Moro, all’assassinio dello statista democristiano, alle tangenti versate ai politici da industriali e faccendieri, alle malefatte di Italpetroli, alle logge massoniche d’oltretevere e alla presunta eliminazione di Papa Luciani, la rivista sfornava dettagli e notizie sugli intrecci tra politica e malaffare non sempre smentite dai fatti. Si trattava di notizie o anche voci che il giornalista raccoglieva negli ambienti influenti da lui frequentati, ambienti molto ma molto influenti, al punto che il giornale finì per essere fonte di primaria informazione oltre che per la politica anche per dirigenti statali, alti comandi militari e servizi segreti.

Si trattava di giornalismo da ricatto? Sembrerebbe di no considerato che le indagini post mortem rivelarono un Pecorelli fortemente indebitato con tipografie e società di diffusione editoriale. La barbara uccisione di quest’uomo, eseguita con il rituale di un’esecuzione, resterà impunita. Il caso sarà ascritto come uno dei più segreti e mai svelati, profondi ed inestricabili misteri italiani.

(Franco Seccia/com.unica, 20 marzo 2020)