Domenico Quirico sulla Stampa ci parla del libro 2084 la fine del mondo di Boualem Sansal, il coraggioso scrittore algerino da sempre in trincea contro il fondamentalismo islamico. Il volume è appena stato pubblicato in italiano.

Il totalitarismo islamista, purtroppo, ha già vinto. La prova? (non solo letteraria): Leggete 2084 la fine del mondo, trasposizione orwelliana ai tempi del Califfato, dell’algerino Boualem Sansal, che Neri Pozza ha appena tradotto.
L’autore sceglie di ricorrere alla fantasia e alla metafora romanzesca per raccontare una realtà che già esiste con mirabile nudità. E che divora la vita quotidiana di milioni di persone, spande l’acido urico di improvvisazioni teologiche su folle sottomesse con la forza e l’inganno e provoca nuove formidabili migrazioni. Il califfato di Siria e Iraq non è ahimè! un rosso preludio dell’Abistan, impero di fantasia che si estende a tutto il mondo dove regna il profeta Abi, delegato di Dio. Ma, in grande maggioranza, queste persone sono anch’esse musulmane come i loro aguzzini e i falsi profeti che li tengono in pugno: per noi occidentali, lettori di 2084, dunque è come se non esistessero. La realtà che ha già ucciso, sta uccidendo e modella le anime di milioni di esseri umani nel pianeta islam per noi è un semplice pericolo, terribile ma remoto come la profezia di Sansal. La guerra tra i musulmani, il terrorismo, possono provocare qualche salutare brivido. Ma per ora cartaceo, letterario. Altro indizio che l’Occidente è una società che cede al fascino del crollo, lusingata dalla prospettiva della propria fine? L’Isis vince Il Grande Apparato, la Giusta Fratellanza sono le istituzioni totalitarie che nella fantasia di Sansal regoleranno a puntino la vita di sudditi-automi di questo medioevo islamico prossimo venturo. Già. Ma a Mossul, a Raqqa, in Somalia o a Sirte o a Maiduguri non esistono e lavorano di gran lena, da due anni, a modellare e storcere le anime? Non sono stati imposti date, calendario, una Storia nuova e unica? Che sofferenza quel manipolo di otto milioni di uomini presi in trappola e che si dibattono, furiosamente e quelle donne dal volto dolente e quel dio crudele che vuol essere preferito a tutto!

Il problema è che non è possibile vedere, visitare, capire e raccontare. Non ci resta allora che la fantasia dei romanzieri. Non è la prova che il Califfato sta vincendo? Altro che 2084! Eppure Sansal è uno scrittore algerino: dunque ha già vissuto nel 2084, ne è un testimone. All’inizio degli Anni Novanta il suo Paese ha fatto le prove generali del mondo perfetto del dio Yolah e del suo ligio servo Abi. Trecentomila morti sono lì a provarlo, veri, straziati, sfracellati dal fanatismo che si fece politica e guerra: l’annientamento dei corpi per costruire la terra dei puri… Poteva scrivere un saggio storico, una autobiografia. Ma… Leggendo il romanzo mi sorprendo a sorridere. Come accade guardando le figurazioni dell’inferno nella ingenua iconografia medioevale o nelle illustrazioni di Doré: forconi diavoli ghignanti fiamme.

Ma l’inferno vero, si sa, è ben più terribile. Come 1984 è un pallido calco dei totalitarismi del novecento europeo (chi poteva immaginare la ferocia di Hitler e Stalin e dei loro zelanti caudatari?), a Mosul e a Raqqa uomini donne bimbi piangono lacrime di sangue come nessun scrittore riuscirà mai a immaginare. Omologazione La omologazione totalitaria: i gemiti delle vittime si accompagnano ai gemiti dell’estasi mistica, forche crocefissioni e galere prosperano all’ombra di moschee strapiene, i predicatori di un islam spietato gridano la loro verità tra le raffiche dei mitra e i proclami dei boia che sgozzano gli ostaggi…

Le epoche di fervore eccellono in opere sanguinarie. Il problema che il Califfato ci impone non è quello della costruzione di un ennesimo apparato totalitario, come racconta 2084: è quello di un totalitarismo che si basa purtroppo su dio. Gli assassini del califfato recitano preghiere sfrenate, distruttrici, polverizzanti, preghiere che irradiano la Fine. La leva su cui il califfato ha agito così efficacemente è quella della imposizione delle certezze, della messa fuori legge del dubbio, il più virtuoso dei vizi. C

he cosa è il califfato se non la imposizione della certezza di aver trovato la Verità, la passione per il dogma, l’insediamento di un dogma? Il fanatismo, tara capitale, dà come sempre ai suoi adepti il gusto della efficacia assassina, della profezia omicida, del terrore con cui si stritolano gli animi: lì si sottomette esaltandoli… Non ci si può difendere facilmente dalla grinfie di un profeta. I Purificatori Abu Bakr, oggi e non nel remoto 2084, non perdona di vivere al di qua delle sue verità e dei suoi slanci pestiferi. La sua isteria, il suo Bene vuole farlo condividere, imporvelo e snaturarlo. Che ingenuità inventare che i Purificatori, i mori di Ariosto, vogliano muoversi all’attacco dei paesi della Grande Miscredenza, cioè noi! Pavlovismo di ex padroni della Storia che si suppongono ancora fondamentali. Loro lavorano semmai a creare sventurati eredi, quelli che, sì, un giorno ci attaccheranno: tutto questo verbo totalitario riversato in migliaia di madrasse su migliaia di scolari darà il suo frutto naturale perchè moltiplica, accumula sulle loro teste i rischi di un prossimo permanente oscurantismo, le minacce di tempeste, di discordia e di confusione. Stanno forgiando la generazione del jihad, progetto molto più pericoloso che la conquista di qualche città o di un attentato. Corruzione e salvezza Oggi, se il Terzo Reich non fosse stato sconfitto, la popolazione tedesca sarebbe formata dai nazisti perfetti, i bambini della gioventù hitleriana.

Tra qualche anno il vicino oriente potrebbe essere guidato dai bambini che oggi vediamo nei video di propaganda impugnare fucili e gridare che vogliono battersi e morire per il califfo. Si sviluppa il dramma della debolezza umana di fronte a una situazione politica che si prolunga per una vita tanto che non è più possibile immaginarsi in una vita diversa. Ognuno si corrompe perché deve salvare se stesso. I fanatici invece sono incorruttibili: se per una idea sono capaci di uccidere allo stesso modo possono farsi uccidere per essa. Molti di loro hanno sofferto per le loro convinzioni estremiste. I tanti persecutori si reclutano appunto tra i martiri che sono sopravvissuti. La sofferenza non diminuisce il desiderio di potere, lo esaspera. Nasce la nuova Storia: fabbrica di assoluti, mitologia omicida, frenesia di orde e di assassini solitari, sete mortale di finzioni virtuose. Il califfato è riuscito a imporsi come centro, ragione e esito del Tempo.

(Domenico Quirico, La Stampa 9 marzo 2016)