Oggi a Paliano, in occasione della Giornata della Memoria, lo storico e giornalista Pino Pelloni parlerà del suo libro Il Tramonto dei Giusti, che in questi giorni esce con una nuova edizione, anche in formato ebook.

Tra le tante testimonianze raccolte dall’autore riportiamo qui quella, particolarmente significativa, di Marek Edelman, uno dei promotori e degli organizzatori della rivolta del ghetto di Varsavia. Rimasto orfano a 14 anni, con l’occupazione tedesca della Polonia, prese parte all’Organizzazione ebraica di combattimento, fino a diventarne il comandante in seconda. Dopo il 1945 scelse di restare in Polonia, con una decisione simile a quella di molti ebrei come lui, ma più anomala in Polonia dove soprattutto dopo il 1967, vi è stata l’eliminazione dalla vita politica di tutti o quasi gli ebrei. Edelman, da buon militante del Bund contrario alla scelta sionista, continuò a esercitare il suo mestiere di medico cardiologo nell’ospedale di Lodz, dove la reazione dei suoi pazienti impedì al regime comunista di cacciarlo. Nel 1981 fu delegato di Lodz al primo congresso di Solidarnosc.

Umschlagplatz, ovvero: piazza di trasbordo. Era il posto dove ogni giorno durante tutto il periodo del ghetto la verdura, portata dalla parte ariana alle baracche che vi erano collocate, veniva trasferita nella parte ebraica. Per lo più cavoli e cavolfiori. Poi la verdura veniva trasportata sui pianali col tiro a due cavalli. Già in via Zamenhof, o forse già in via Dzika, sbucavano dei ragazzi, si mettevano dietro al carro e facevano cascare un po’ di cavolfiori giù per strada, mentre altri ragazzi li agguantavano e scappavano via. Questo era dunque originariamente l’Umschlagplatz. Dei binari collegavano l’Umschlagplatz con la vicina stazione Gdanski (stazione di Danzica) e quando iniziò la Grande operazione di luglio, lungo quei binari ogni giorno arrivava un treno di circa quindici, venti vagoni, secondo la giornata. Su quei vagoni venivano caricati gli ebrei rastrellati nel ghetto, e poi spediti a Treblinka. […]

A volte sulla piazza di trasbordo ammassavano troppa gente e non c’erano abbastanza vagoni per contenere tutti. Allora lasciavano la gente lì per la notte. Il treno partiva verso le cinque o le sei, era estate e il buio arrivava tardi, per cui tutti cercavano un angolo per nascondersi nelle aule scolastiche vuote.

Là dentro succedevano cose di ogni genere, orge, pestaggi, scene atroci. A fare la guardia erano per lo più gli ucraini. Ucraini non per nazionalità, ma in quanto unità militare. E là dentro le giovani belle ebree venivano stuprate da loro. Mi ricordo una di quelle ebree violentate. Al quarto piano la brutalizzavano dodici o quindici ucraini. La tenevano per le braccia e per le gambe, mentre il corpo restava sospeso per aria. Ne uscì tutta insanguinata. Se ne andò così insanguinata e la persi di vista. Ma riuscì a sopravvivere. La incontrai più tardi in Svezia. Era già medico, aveva due bambini, era innamorata. In qualche modo ce l’ha fatta.

Evidentemente si può sopravvivere persino al peggiore dei mali. Era sospesa nuda davanti agli occhi di cinquanta o cento persone accalcate nella stanza. E mentre lei in un angolo veniva stuprata, tutti vedevano, ed io stavo in disparte e vedevo anch’io. Adesso mi chiederai come un uomo retto dovrebbe comportarsi in una situazione simile. L’uomo invece si è comportato come ha potuto. Guardava, vedeva e non poteva fare niente. Certo, bisognava sparare, ma bisognava anche avercela, un’arma. Bisognava difenderla e via dicendo. Nessuno lo fece…

(da Il Tramonto dei Giusti di Pino Pelloni, Ethos Edizioni)