È una tipica formula di ringraziamento ebraica quella che il Papa rivolge alla platea che assiste alla sua visita in sinagoga, terzo papa nella storia a varcare la soglia del Tempio Maggiore. Parole scelte non a caso e che si imprimono in una giornata che segna un capitolo ulteriore, e decisamente positivo, nei rapporti tra ebrei e cristiani. Dialogo, incontro, reciproco rispetto. I risultati raggiunti, gli obiettivi da perseguire. Quello che unisce e quello che divide. Il rispetto, innanzitutto. Anche nel solco dei valori testimoniati dalla dichiarazione conciliare Nostra Aetate, che 50 anni fa ha costituito un vero e proprio spartiacque nelle relazioni e che è più volte evocata negli interventi.

Molto positiva la lettura che i giornali fanno della visita di Bergoglio al Tempio Maggiore di Roma, accolto in sinagoga dal rabbino capo Riccardo Di Segni, dalla presidente Ruth Dureghello e dal presidente Ucei Renzo Gattegna. “Al Tempio Maggiore ebrei e cristiani fanno un nuovo passo verso la conoscenza. E nonostante le differenze, le diffidenze, il passato e le divisioni, la terza visita di un pontefice nella sinagoga romana diventa, ammette rav Di Segni, ‘chazaqà’, cioè consuetudine fissa”. Dopo l’abbraccio con il rabbino capo, Bergoglio entra in sinagoga. La percorre in lungo e in largo, senza fretta, stringendo mani e restituendo abbracci. Nessuna formalità, solo il desiderio di testimoniare amicizia”.

Nel merito ampia intervista del ‘Corriere della sera’ al presidente dell’Ucei. La visita, afferma, è stata molto importante “come segno di continuità”. Un rapporto positivo, riflette Gattegna, che è cominciato cinquant’anni fa con il Concilio Vaticano II, è avanzato con la visita in sinagoga di Giovanni Paolo II ed è “fortunatamente in continuo progredire”.

(com.unica 18 gennaio 2016)