Il Parlamento europeo, riunito in seduta plenaria, ha adottato una risoluzione non vincolante in cui si afferma la necessità urgente di un’azione coordinata degli Stati membri e dell’Unione europea per prevenire la radicalizzazione e la lotta al terrorismo.
La risoluzione, che contiene proposte concrete e misure di prevenzione da adottare attraverso l’istruzione e l’inclusione sociale, è stata redatta dalla francese Rachida Dati (PPE) ed è stata votata con 548 voti favorevoli, 110 contrari e 36 astensioni.
Tra le proposte più significative vi è quella di intensificare lo scambio d’informazioni tra gli stati membri con la creazione di una blacklist europea di jihadisti e di sospetti terroristi jihadisti. Si evidenzia inoltre la necessità di avere una definizione comune di “foreign fighter” al fine di consentire procedimenti penali nei loro confronti nel momento in cui dovessero rientrare sul suolo dell’UE. Si invitano inoltre gli Stati membri ad assicurare che i combattenti stranieri al loro rientro in Europa siano sottoposti a controllo giudiziario e, se del caso, a detenzione amministrativa fino all’avvio del corrispondente procedimento giudiziario.
Nella risoluzione si sottolinea l’impegno a raggiungere un accordo sul sistema UE di condivisione dei dati PNR entro la fine del 2015, anche se si rende comunque necessaria una strategia omnicomprensiva per la lotta al terrorismo.
Il Parlamento suggerisce di confiscare i passaporti e congelare gli asset finanziari per evitare che potenziali foreign fighters lascino l’UE. Una di queste misure preventive potrebbe essere la costituzione di sistemi di sostegno come le linee dirette, dove famiglie e amici possono essere aiutati facilmente se dovessero temere che qualcuno si stia radicalizzando o possa essere in procinto di unirsi a un’organizzazione terroristica.
Al fine di evitare la distribuzione di messaggi di odio e l’elogio del terrorismo sul web, il contenuto illegale che inneggia a un estremismo violento dovrebbe essere immediatamente cancellato, pur nel rispetto dei diritti fondamentali. Gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione azioni legali, anche di tipo penale, contro le imprese di internet e dei media sociali nonché i fornitori di servizi che si rifiutano di ottemperare a una richiesta amministrativa o giudiziaria per eliminare contenuti illegali o di apologia del terrorismo.

(com.unica, 26 novembre 2015)