[ACCADDE OGGI]

Il 31 ottobre 1926 Benito Mussolini, da quattro  anni capo del governo, subì un attentato a Bologna da cui rimase miracolosamente illeso. Appena qualche mese prima, esattamente il 26 aprile, in un altro attentato alla sua persona, questa volta a Roma, un proiettile di pistola lo aveva colpito e ferito al volto.

A Bologna a sparargli fu il giovane anarchico Anteo Zamboni. A Roma a colpirlo fu la nobildonna Violet Gibson figlia di un barone e lord di origine irlandese. La Gibson, immediatamente sottratta alla folla assiepata davanti al Campidoglio, dove Mussolini aveva inaugurato un congresso di chirurgia, fu portata in questura e di lì a poco , nonostante la flagranza del reato e i gravi indizi che conducevano ad un complotto a cui avrebbe partecipato il barone Giovanni Antonio  Colonna di Cesarò già ministro in quota ai socialisti democratici del primo governo Mussolini, fu liberata e rispedita al suo paese di origine.

Non andò così a Bologna dove il quindicenne Anteo Zamboni fu barbaramente linciato dalla folla accorsa per i festeggiamenti del quarto anno da capo del governo del futuro duce del fascismo che aveva appena inaugurato lo stadio littorio. Anteo era il figlio più piccolo di Mammolo Zamboni, un tipografo anarchico che per convenienza aveva aderito al fascismo perché la locale federazione fascista stampava i manifesti nella sua tipografia. Il giovane Anteo non brillava per intelligenza e faceva della sua professione di fede anarchica il motivo per sottrarsi a qualunque imposizione compresa quella dell’apprendimento scolastico. Ma era un ragazzo di soli quindici anni che pagò con la vita e in modo orrendo  la sua follia di libertà.

Anteo Zamboni

Subito dopo aver sparato a Mussolini, quel pomeriggio inoltrato di quel maledetto giorno di fine ottobre a Bologna, all’angolo tra via Rizzoli e via dell’Indipendenza attraversata in quel momento dal corteo delle automobili che accompagnavano il capo del governo, il ragazzo anarchico fu catturato dal tenente di fanteria Carlo Alberto Pasolini, padre del futuro poeta Pier Paolo, e consegnato alla folla impazzita che infierì sul corpo del disgraziato giovinetto lasciandolo a terra giacente in un mare di sangue. Il processo che segui portò alla condanna, per complotto  nella progettazione dell’attentato, del padre Mammolo Zamboni e della zia Virginia Tabarroni a 30 anni di carcere. I due fratelli maggiori di Anteo,  Lodovico e Assunto, in quanto  ritenuti estranei  al complotto, furono condannati a 5 anni di confino rispettivamente inviati il primo a Ponza e il secondo a Lipari.

Dopo qualche anno, nel 1932, Mussolini graziò i due condannati al carcere perché  nel frattempo Assunto, fuggito da Lipari e rifugiatosi in Svizzera, era entrato tra le fila degli antifascisti del luogo e, passato armi e bagagli al soldo dell’OVRA  (Opera di Vigilanza e Repressione Antifascista), aveva facilitato, denunciandoli, l’arresto di molti espatriati antifascisti.

Nell’anno 1926, Benito Mussolini, evitato l’attentato  dell’anno precedente ad opera del  socialista e massone Tino Zaniboni sventato prima di concretizzarsi, subì ben due attentati, in uno fu colpito al volto dalla nobildonna squinternata inglese Violet Gibson, nell’altro, in cui  rimase fortunatamente  illeso, fu fatto segno da arma da fuoco dal giovane anarchico bolognese Anteo Zamboni. La Gibson morì nel letto di un Ospedale  Psichiatrico inglese a 80 anni. Il giovane Anteo Zamboni morì pestato orribilmente sul selciato delle strade bolognesi a solo 15 anni. Anche in questo caso le origini, più  che le circostanze, fanno la differenza.

Franco Seccia/com.unica 31 ottobre 2020