[ACCADDE OGGI]

Il 17 ottobre del 1931 Eliot Ness, mitico agente speciale del Dipartimento del Tesoro americano, riesce ad incastrare Al Capone che viene condannato a undici anni di carcere per evasione fiscale. Finisce così la carriera del più noto, almeno per la letteratura e per i media, criminale italoamericano chiamato anche Scarface (in inglese l’uomo con la faccia sfregiata) per una cicatrice che aveva sulla guancia sinistra frutto di “una tagliata di rasoio” che tale Frank Galluccio gli inferse per i commenti un po’ pesanti del Capone sulla sorella del Galluccio. 

All’anagrafe risultava essere Alphonse Gabriel Capone, nato a Brooklyn-New York il 17 gennaio 1899, ultimo dei nove figli di Gabriele Capone e Teresa Raiola entrambi immigrati dalla Campania e precisamente originari di Angri comune dell’Agro Nocerino Sarnese. Un’infanzia quella di Al Capone non certo felice ma non distante dalla vita amara delle migliaia di immigrati soprattutto di origine italiana, allora Brooklyn era una specie di piccola Italia, che dovevano darsi ai più diversi ed umili mestieri per sopravvivere e mandare avanti la famiglia. Alcuni, soprattutto i giovani, scelsero la strada che a loro sembrò la più facile e la più redditizia quella della malavita. Tra questi Al insieme ai fratelli Vincenzo, Ralph e Frank.

Incominciarono con i piccoli furti associandosi a bande di microcriminali per poi finire nella famigerata banda del gangster Johnny Torrio, l’inventore del “sindacato nazionale del crimine immigrato”, italiano e per alcuni originario di Amalfi. Nella banda del Torrio Al incrociò Frankie Yale e Lucky Luciano, ma le simpatie del Torrio era tutte per Al Capone e perciò fu assunto come barista e buttafuori nel locale di Frankie Yale, un night club di Coney Island, che serviva da copertura ad un bordello gestito dallo stesso Yale socio in affari di Torrio. Forse per la ferita sul volto infertagli mentre lavorava in questo locale, Al ripensò la sua vita e dopo aver sposato una ragazza irlandese di nome Mae Coughlin da cui ebbe il figlio Albert Francis smise di lavorare nel locale di Frankie Yale e, trasferitosi a Baltimora, si occupò come contabile in una ditta di costruzioni. Ma la morte del padre Gabriele e la vita non facile con la moglie irlandese lo ricondussero a New York e alla vita criminale. Da allora fu un escalation di avvenimenti tragici nella malavita americana: l’intreccio con il gangsterismo irlandese (Dean O’Banion) ed ebraico (Jack Guzik), l’associazione alla mafia siciliana (“Joe” Masseria, i fratelli Genna e Mike Merlo presidente dell’Unione Siciliana), il legame con William “Big Bill” Thompson, sindaco corrotto di Chicago; fecero di Al Capone uno dei capi più temuti e tra i più sanguinari della malavita americana.

Al Capone fu ritenuto il primo responsabile della “strage di San Valentino” ordinata dallo stesso Al per vendicare l’assassinio del fratello Frank, e il più attivo e deciso capo nella guerra tra bande che vide contrapposte le diverse famiglie nella lotta del racket statunitense. Fu dichiarato il nemico “numero uno”. Gli furono intentati diversi processi per omicidio ma sempre ne uscì indenne. Alla fine il 17 ottobre del 1931 il caparbio Eliot Ness, a capo di una squadra speciale per combattere l’evasione fiscale al tempo del proibizionismo, riuscì ad incastrarlo e Al a 32 anni fini nel penitenziario di Atlanta e successivamente in quello di Alcatraz dove passò gli ultimi anni di prigionia nell’ospedale del penitenziario che oggi è un museo perché ammalato di sifilide. Il male non lo abbandonò mai, nonostante la scarcerazione per riduzione della pena a soli a sei anni e cinque mesi.

Morirà a 48 anni il 25 gennaio 1947 nella sua villa di Miami. La stessa villa che nel 2012 è stata posta all’asta unitamente a molti oggetti appartenuti al gangster, compresa un’automobile sul cui libretto di circolazione era ancora scritto il nome del primo proprietario Alphonse Gabriel Capone.

Sulla vita di Al Capone si sono scritti fiumi di inchiostro e girate diverse pellicole tra cui i due film Scarface e la serie televisiva Boardwalk Empire, ma anche “Il Padrino” prende largamente spunto dalla vita del gangster italoamericano. Al all’epoca dei processi contro di lui aveva detto: “Mi si accusa di tutte le morti violente nel mondo, mi meraviglio come non mi addossino anche le vittime della Grande Guerra”. Chissà cosa avrebbe detto oggi che il suo nome è diventato una leggenda. Una brutta leggenda.

(Franco Seccia/com.unica, 17 ottobre 2015)