Una task force di archeologi per salvare i tesori dell’Antichità dalle devastazioni del Califfo: è il progetto a cui il governo britannico sta lavorando, assieme ad un team di specialisti già sul campo in Siria ed Iraq, nella convinzione che per proteggere gli oggetti millenari la soluzione sia il modello-Indiana Jones. 

Il riferimento al protagonista dei film di George Lucas, interpretato da Harrison Ford, viene spontaneo avvicinandosi al programma dei «Rescue Archeologists» ovvero «archeologi del soccorso» che vede il governo di Sua Maestà impegnare istruttori dei corpi speciali per preparare assieme a «Blue Shield» – l’equivalente della Croce Rossa per la Cultura, creata nel 1996 per proteggere i «patrimonio dell’umanità» – un selezionato team di esperti la cui missione sarà di recarsi in Siria ed Iraq per «operare assieme a colleghi sul posto» al fine di «identificare e mettere al sicuro» le opere d’arte che rischiano di essere distrutte.

I militari inglesi addestreranno gli archeologi ad usare radar, esame del dna, mezzi di comunicazione hi-tech ed armi di protezione per coordinare «interventi» e «trasporti». Il progetto è basato sulla collaborazione del British Museum con i musei di Baghdad, Sulaymaniyah e Bassora, e sta già muovendo i primi passi.

Jane Moon, fra i pochi archeologi occidentali ancora Iraq, ha iniziato ad addestrare i primi «Indiana Jones» nell’ambito del proprio team – dell’ateneo di Manchester – che opera in Iraq grazie a basi e laboratori nella regione autonoma del Kurdistan. «L’Iraq è il luogo dove la civilizzazione è iniziata, è qui che gli esseri umani hanno imparato a scrivere, a vivere nelle città – afferma Jane Moon in una recente intervista – ed è importante che il governo britannico investa risorse e inventiva per salvare le testimonianze di questo patrimonio universale».

È una lotta contro il tempo perché, secondo le stime dell’Unesco, i miliziani dello Stato Islamico (Isis) in 12 mesi hanno già distrutto circa il 20 per cento di 10 mila siti archeologici iracheni, senza contare quelli siriani. «I saccheggi sono il maggior pericolo che incombe sui siti archeologici della regione – afferma Peter Stone, segretario generale di “Blue Shield” – perché Isis da una parte diffonde le immagini di distruzione e dall’altra vende al mercato nero tali gioielli al fine di finanziarsi». Da qui la richiesta di «Blue Shield» di «coinvolgere le maggiori case d’aste come Sotheby’s e Bonhams» al fine di impedire che «acquisti illegali consentano a questi barbari distruttori di avere fondi da impegnare per acquistare altri armi, contribuendo a minacciare altri siti archeologici». «Bisogna dire con chiarezza – aggiunge Stone – che chi acquista in maniera illecita pezzi d’arte provenienti dalla Mesopotamia quasi certamente sta finanziando Isis e i suoi terroristi».

Il progetto di ricorrere ai metodi di «Indiana Jones» contro distruzioni e saccheggi del Califfo – per mettere al sicuro le antichità – sarà al centro di un imminente incontro fra i vertici di British Museum, Victoria e Albert Museum, Unesco, Croce Rossa, «Blue Shield» e un gruppo selezionato di archeologi esperti di Medio Oriente. I portavoce del British Museum riassumono così la missione che avranno i «corpi d’élites dell’archeologia»: «Interventi di emergenza per salvare tesori dell’umanità». Sfidando i miliziani jihadisti sui loro territori.

(La Stampa, 11 luglio 2015)

Articolo di Maurizio Molinari, LA STAMPA